Studio e lavoro: come trovare una via di fuga e passare al piano B

Questa settimana, lo spunto per un nuovo post mi è stato dato da Mirella e dalla sua mail dall’oggetto che è tutto un programma: “Laureata pentita a rapporto”. Un appello a cui non potevo non rispondere e che mi ha riempito di soddisfazione.

Nella sua mail, Mirella mi scrive: “Ho trovato il tuo blog per caso, nell’ultimo periodo, particolarmente buio per me, e mi è stato d’ispirazione. Come te mi sono iscritta all’università dopo un ragionamento che ora mi sembra stupido ma che all’epoca trovavo giusto e sono arrivata alla laurea triennale in Scienze Forestali e Ambientali senza convinzione, con molti sforzi e lacrime. Dopo sei mesi di dubbi, passati a cercare altro senza trovarlo, ho continuato con la magistrale per disperazione; a dicembre mi laureerò (a pieni voti, ma è un dettaglio trascurabile) in una materia completamente inutile e che non mi piace particolarmente. Il problema è… cosa fare dopo? Qualche idea c’è (aprire un negozio di agricoltura biologica con il mio fidanzato, che si laureerà nella stessa materia; prendere una seconda laurea; andare all’estero; tentare un dottorato senza molte speranze…) ma mi sembrano tutti castelli di carte pericolanti, in periodi come questi. Sono entrata in un bruttissimo periodo, ho perso tre chili in meno di due settimane e sto distruggendo i miei genitori, a poco a poco. Ora, ti chiedo… come fare ad accettare di aver fatto un errore così grave? Dove trovare la forza di ricominciare? E, soprattutto, come capire qual è la mia strada, se finora non ci sono riuscita?.

Andiamo per ordine!

Siamo passati un po’ tutti dalla fase del mollo tutto e apro un negozio/un bar/ vado all’estero. La ripetitività dei gesti quotidiani, un ambiente di lavoro ostile, un collega insopportabile, la stanchezza dopo un intenso periodo di studio sono solo alcuni fattori che possono far nascere la voglia di cambiamento. Nella maggior parte dei casi, la faccenda si risolve tra una chiacchierata e l’altra con le amiche, in altri invece diventa il pensiero che segna un nuovo punto di partenza.

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Quindi come si fa a capire qual è la propria strada? 

Non so come si faccia, ma posso raccontarvi quello che ho fatto io.

07_Toni_Servillo_La_grande_bellezza_foto_di_Gianni_Fiorito_31. CAPIRE QUAL E’ IL PROBLEMA: Per prima cosa occorre chiarirsi le idee. Nei periodi di crisi, probabilmente, sarebbe meglio fermarsi, prendersi del tempo nell’attesa di capire in quale direzione andare. Ma devo ammettere che io non sono stata capace di farlo. Per qualche strana ragione ho sempre trovato più semplice andare avanti nell’incertezza, piuttosto che fermarmi, forse perché impegnare la mente in qualcosa mi ha sempre permesso di non sentirmi troppo in colpa per i cambi di decisione che ho preso. Nel mio caso, nella quotidianità di tutti i giorni mi sono resa conto che quello che stavo facendo non faceva per me. Non avevo la curiosità di sapere cosa si nascondesse nei polverosi fascicoli che ogni giorno traghettavo tra l’ufficio e il tribunale, anzi ero sollevata all’idea di non dovermi occupare direttamente di certe questioni. Più mi ripetevano che era solo una crisi passeggera, più mi convincevo del contrario, non riuscivo a immaginare che quella potesse essere la quotidianità che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita. E non potevo accorgermene prima? Forse sì, ma la verità è che solo provando ho capito davvero che quel lavoro non faceva per me.

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2. DIVANO, FAZZOLETTI E DOLCETTI CONSOLATORI: Se siete giunti alla conclusione che la strada che state percorrendo non è quella giusta, allora ricordatevi che cambiare strada non è la fine del mondo. Questo non vuol dire che sia semplice, anzi, questo forse è il momento più difficile perché avete realizzato che non volete continuare a fare quello che state facendo e ora bisogna capire cosa fare davvero per trovare un’alternativa. E vi assicuro che la cosa è più difficile di quello che sembra. E’ il momento di sprofondare sul divano, dei pianti e di qualche peccato di gola consolatorio. Io ho impiegato un anno di tempo per arrivare alla conclusione che non volevo proseguire con quello che stavo facendo, ma una cosa è ammetterlo con se stessi, un’altra è dirlo agli altri. Aprirsi ad altri, infatti, significa sottoporsi a giudizi, critiche, dubbi che vanno inevitabilmente ad aumentare anche i vostri. Anche se siete sicuri della vostra decisione, resta la paura di buttarsi in un nuovo percorso, senza garanzie (nessuno potrà darvele) ma guidati da una semplice convinzione. Per capire cosa fare, ho provato un vecchi metodo ma sempre efficace: carta e penna alla mano ho provato a mettere nero su bianco una serie di pensieri disordinati, una lista di pro e contro del lavoro che volevo lasciare e delle cose che avrei voluto fare.

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3. TROVARE UN PIANO B: Prima di mandare all’aria anni di università, occorre essere sicuri di avere un piano B. Quando ho deciso che non volevo fare l’avvocato, ho provato a cercare di capire cosa mi piacesse fare. Non mi dispiaceva scrivere, anche se non potevo certo dire che la scrittura fosse una mia passione e francamente faticavo a capire come potesse diventare un lavoro. Ma nonostante tutti questi dubbi, avevo la curiosità di provare a scrivere per un giornale, così ho iniziato a inviare la mia richiesta ad alcuni giornali locali e dopo poco tempo è arrivata la prima opportunità. Un lavoro (ovviamente) non retribuito, ma che subito mi ha regalato una grande soddisfazione. Sì va bè ma non è che si può vivere di soddisfazioni personali direte voi. Infatti, questa è l’obiezione che mi han fatto con maggior frequenza ed è per questo che non ho avuto il coraggio di mollare tutto di punto in bianco ma inizialmente ho portato avanti in parallelo la collaborazione con alcuni giornali e la pratica legale fino a quando non ho trovato uno stage retribuito. Quello che mi ha sempre consolato è la consapevolezza che un avvocato demotivato non avrebbe mai potuto fare molta strada e probabilmente sarebbe stato destinato a rimanere precario, così in assenza di certezze su entrambi i fronti ho scelto di provare a dedicarmi a qualcosa che mi piacesse.

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4. FARE IL GRANDE PASSO E BUTTARSI NEL VUOTO: Arriva un momento in cui non si può più rimandare. Dopo un anno di praticantato, dopo aver cercato per un po’ di tempo di incastrare in parallelo più attività, ho deciso di lasciare la pratica. In genere non mi piace iniziare le cose senza portarle a termine, ma ho realizzato che l’unica ragione per cui avrei voluto proseguire la pratica è che mi sentivo in colpa a interromperla e così ho deciso di investire tutto il mio tempo per cercare una nuova identità professionale. Mi sono iscritta a un Master in Comunicazione Plurimediale di Impresa e New Media, l’ho fatto senza troppe esitazioni perché era finanziato dall’Unione Europea e dalla Regione Piemonte e non richiedeva un investimento economico ingente come tanti altri percorsi di specializzazione. A volte, mi chiedo se magari non sarebbe stato meglio scegliere un Master di qualche istituto privato ma quando si pianifica un nuovo percorso non sempre ci si può permettere di fare qualunque scelta.

5. UN PICCOLO BILANCIO: Guardandomi indietro oggi, sono contenta di aver deciso di cambiare. Ora tornassi indietro so che non sceglierei più Giurisprudenza, ma come si dice in questi casi la storia non si fa con i ma e con i se e probabilmente la mia doveva andare così. In questi anni ho capito quanto sia vero quello che sostiene Filomena Pucci, ovvero che “quello che ti piace fare è quello che sai fare meglio”. E io sono convinta che quello che sto facendo ora è quello che mi riesce meglio. Devo ancora imparare tanto, ma la convinzione di essere sulla strada giusta mi ha permesso finora di superare i momenti di crisi, di resistere alle critiche di chi ancora oggi pensa che io abbia preso una decisione poco assennata, di rimanere in fila ad aspettare l’occasione giusta.

Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia.
Alberto Moravia

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5 pensieri su “Studio e lavoro: come trovare una via di fuga e passare al piano B

  1. Ho letto con molto interesse l’articolo. Mi ritrovo nella stessa situazione di Mirella. Laureata in architettura ormai da un paio d’anni ho iniziato a pentirmi moltissimo della scelta fatta già al quarto anno. Una facoltà inutile,mi ripeto, come ho fatto ad essere così stupida? Non potevo scegliere qualcos’altro? Ero così brava al liceo! Mi sento l’unica idiota tra i miei conoscenti. Il tempo passa e le sto pensando tutte ( la notte, visto che mi tormento e non dormo) “mi rimetto a studiare, scappo in Cina, apro un bar…” Ma poi sono paralizzata al pensiero di sbagliare di nuovo e poi a 28 non si hanno più le stesse capacità e possibilità che a 19… Mi sento IN TRAPPOLA!

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    • Ciao Marzia, mi chiamo Alexandro Voci, come te anch’io ho passato un periodo molto brutto in cui mi sentivo una persona vuota, senza più uno scopo, ma dentro avevo un pensiero fisso, che alla lunga mi ha portato a ciò che inconsiamente desideravo ardentemente: “Qui deve cambiare qualcosa, non può andare avanti così!!!”. Quindi so cosa stai provando, ci si sente come dei leoni in gabbia, e gli occhi di un leone in cattività cambiano, si spengono, il leone muore lentamente dentro, ti capisco benissimo perchè anch’io mi sono sentito esattamente come te. Poi per fortuna è arrivata un’opportunità che unita alla mia voglia di distruggere le sbarre della mia prigione mi hanno permesso di sentirmi ed essere LIBERO. Oggi la situazione è totalmente opposta, mi sento felice e realizzato, se vorrai contattarmi sarò felice di aiutarti, questo è il mio numero: 348/1722160, ti faccio i miei migliori auguri. A presto

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    • Ciao Marzia, grazie per avermi scritto. Prima cosa: niente panico! Lo dico per esperienza, questa volta di famiglia, anche mia cugina è laureata in architettura ma alla fine ha deciso di fare a sarta. Il consiglio che posso darti è di non farti prendere dall’ansia del: non ho più tempo di trovare la mia strada. Anche perché 28 sembrano tanti (io anche a volte mi faccio queste paranoie) ma in realtà hai ancora tutto il tempo che vuoi per aggiustare il tiro. Il problema è capire cosa vuoi fare, cosa avresti voluto fare che invece hai trascurato per motivi che ora ti sembrano futili, questa passione che hai accantonato ha dei punti di contatto con il tuo percorso di studi? Fatti tutti questi ragionamenti e chiarite un po’ le idee, cerca di capire qual è l’obiettivo che vorresti raggiungere e inizia, proprio come un viaggio, a programmare le tappe che devi percorrere per arrivare a destinazione. E se il percorso richiede uno sforzo economico, pensa a quale lavoro potresti affiancare al tuo percorso: dare ripetizioni? fare la cameriera all’estero? non so qualunque cosa ti venga in mente e inizia a farlo. A 28 anni sarebbe davvero un peccato rinunciare a darsi un’opportunità per la paura di non avere tempo. Per qualunque cosa, comunque puoi scrivermi al mio indirizzo e-mail: ileniadalmasso@hotmail.it. A presto!

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  2. Un po’ è buffo perché molti di noi, indipendentemente dal percorso universitario scelto, pensiamo sempre di aver fatto la scelta sbagliata e invidiamo tutte le altre.
    Sai quante volte mi sono ritrovata a pensare cose tipo: se avessi fatto Architettura magari ora potrei fare design di interni o saprei ristrutturare un appartamento! Oppure se avessi fatto Agraria avrei le basi per aprire un agriturismo! Se soltanto avessi scelto Scienze della Formazione, ora potrei lavorare come insegnante/coach/vattelapesca! E così via.
    Il fatto è che in realtà, molto più spesso di quanto vorremmo, la nostra carriera si basa più sulle opportunità che casualmente incontriamo lungo il cammino che su quello che abbiamo studiato o avevamo intenzione di fare. Pensate che io ho lavorato come traduttrice e specialista nella localizzazione dei videogiochi. E ho una laurea in Scienze Politiche! xD

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