Anche i grandi, a volte, sbagliano quando tentano di imporre la propria volontà sui propri figli condizionando le loro scelte future. È la storia di Paul Cézanne, figlio di una famiglia borghese, che a diciannove anni, appena conseguito il diploma con ottimi voti, per volontà del padre banchiere si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza ad Aix. Ma Cézanne non era fatto per gli studi giuridici, si applicava giusto il minimo indispensabile, affidando ad alcune lettere tutto il malcontento per quella scelta che gravava sulle sue spalle pesante come un macigno.Durante il tempo libero, però, Cézanne continua a inseguire le sue passioni, dedicandosi alla scrittura e al disegno. La pittura inizia a diventare un richiamo sempre più forte, fino a quando capisce che quella è la strada giusta. In parallelo agli studi universitari, dunque, si iscrive a una scuola gratuita di disegno. Qui coltiva lo studio del corpo umano e alla pittura ad olio.
Dopo lunghe discussioni e dopo aver tentato invano di spiegare al padre che non era fatto per la carriera forense, tra il 1861 e 1862 poco più che ventenne, Cézanne decide di abbandonare Giurisprudenza per inseguire il suo sogno: diventare un pittore. Raggiunge Parigi, dove ad attenderlo c’è l’amico e compagno di studi Èmile Zola. Sono gli anni di scoperta dei grandi maestri dell’arte e dell’incontro con gli impressionisti. Cézanne inizia a sperimentare tra tele e pennelli, respira l’influenza di Delacroix e Courbet, che lo porteranno a dar vita a dipinti austeri e dai colori cupi tipici del romanticismo. Poi un’altra delusione per il padre. Dopo aver tentato invano di entrare all’Ecole des Beaux-Arts, dove avrebbe voluto vederlo il padre, si iscrive all’Accadémie Suisse, un laboratorio di artisti liberi dove gli allievi possono dipingere liberamente senza alcun maestro, esercitandosi nel disegno di modelli. A giudicare da quanto scrisse in una lettera indirizzata all’amico Numa Coste, in cui disse “lavoro con calma, mangio e dormo”, non deve essere stato un periodo entusiasmante, ma si rivelerà comunque significativo per la sua formazione grazie all’incontro con Camille Pissarro.
Intorno al 1870 Cézanne incomincia a dipingere il paesaggio e influenzato dallo stile impressionista, si dedica alla pittura en plein air. Ma per lui la pittura è qualcosa di più. Attratto dalla ricerca del volume e scoraggiato dalle aspre contestazioni dei critici ai Saloni Impressionisti, decide di rifugiarsi ad Aix-en-Provence per prendere le distanze dall’impressionismo e intraprendere una nuova ricerca che oltrepassi i limiti della semplice realtà. Come scrive Ernst H. Gombrich in “La storia dell’arte”: “Una delle sue battute famose fu quella di voler <<faire du Poussin sur nature>> … Cézanne mirava a un’arte che avesse qualcosa di questa grandiosità e serenità, ma non riteneva che la si potesse ottenere coi metodi di Poussin: i vecchi maestri, in fondo, avevano raggiunto i loro equilibri e la loro solidità rinunciando a rispettare la natura così come la vedevano”. Tra incertezze e paure, il colore prende a dare vigore e concretezza agli oggetti, inizia a delinearsi una nuova visione prospettica che rompe i canoni tradizionale per consegnare agli oggetti un volume proprio. È l’inizio di una nuova rivoluzione nella storia dell’arte. Cézanne infrangendo le regole e riducendo la natura alle sue forme essenziali “attraverso il cilindro, la sfera, il cono” ha dato vita al cubismo, una rivoluzione che lo consegna alla storia come maestro delle Avanguardie.
“La pittura può servire all’analfabeta quanto la scrittura a chi sa leggere”
– Gregorio Magno –
Fonti: Cézanne e la trascendenza nell’arte raccontata da Luca Massimo Barbero su – La repubblica – L’Espresso
ArtBook Cézanne – 2005 – Mondadori Electa spa – Edizione speciale per Il Giornale
“La storia dell’arte” raccontata da Ernst H. Gombrich – 2002 – Leonardo Arte
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