Ho visto un ghostwriter, vi presento Alessandro Zaltron

Esiste una legge non scritta, che a quanto pare molti conoscono, secondo cui un laureato in Giurisprudenza FA l’avvocato, punto e basta. Semplice, matematico, tautologico. Una convinzione così tanto radicata da rendere inutile qualunque arringa difensiva sul caso, specialmente se oltre ad avere infranto la “legge” avete scelto una professione non tradizionale, che costringe i vostri genitori a maldestri tentativi di spiegare il vostro lavoro. È il caso di Alessandro Zaltron che dopo gli studi giuridici ha scelto di dedicarsi al mondo della comunicazione a tutto campo, lavorando come giornalista, storyteller e udite udite… ghostwriter. In questo post ci racconta la sua esperienza!

ANNO DI NASCITA: 1970
DIPLOMA: Liceo classico
LAUREA: Giurisprudenza
PROFESSIONE: Vivo di parole da 25 anni (26 in realtà)
SEGNI PARTICOLARI: Le parole sono importanti
SITO: www.alessandrozaltron.com
Fotografia di Monia Merlo

Sei laureato in Giurisprudenza, quindi… perché non fai l’avvocato?
Forse perché non ho mai voluto farlo… Ma studiare diritto mi è piaciuto, il diritto è meraviglioso: è la base di ogni civiltà e il baluardo di tutte le libertà personali e civili.

Domanda di rito: perché Giurisprudenza e non Lettere o Scienze della Comunicazione?
Perché non hai studiato lettere, visto che ti piaceva scrivere? Questa domanda, molto frequente, non tiene conto di alcune questioni: perché un giurista non può scrivere? I laureati in lettere scrivono forse meglio? Kafka, uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, era laureato in legge, e studiò diritto anche Balzac, uno dei miei autori preferiti. Non mi sarebbe dispiaciuto studiare filosofia ma in quegli anni dominava la domanda «E cosa vai a fare con una laurea in filosofia?». La tesi però l’ho fatta in filosofia (del diritto)!

Quando hai capito che le professioni legali canoniche (avvocato, magistrato, notaio, dipendente di banca…) non facevano per te?
Ah, subito. Tanto che, appena laureato, ho respinto senza esitazioni e quasi offeso la proposta di un’amica avvocato di fare la pratica legale nel suo bello studio.

Come l’hanno presa i tuoi genitori?
Ho iniziato a scrivere per i giornali, quindi a vivere di scrittura, al primo anno di università, più o meno nello stesso periodo in cui ho trovato la prima fidanzata. Su entrambi i fronti i miei sono stati lapidari: fai quello che vuoi, purché non vada a discapito dello studio. Per la verità, mia madre non ha ancora ben capito quello che faccio di lavoro, e ogni tanto invita a pranzo ospiti in modo che io sia costretto a spiegare loro – e indirettamente a lei – come campo.

Cosa resta di tante pagine di diritto lette?
Be’, molto. La conoscenza dei princìpi del diritto che mi aiutano a leggere il mondo, a interpretare ciò che succede. La capacità di redigere i miei contratti e di comprendere i documenti legali delle aziende, spesso contorti. Aver studiato quel linguaggio tecnico mi aiuta a “tradurre” gli stessi concetti più chiaramente. E poi la rigorosità. Se riesco a essere quasi sempre lucido e razionale è anche perché ho disegnato così tanti schemi giuridici da aver imparato in forma indelebile a inquadrare temi, scomporre problemi e stabilire collegamenti. Infine, aver studiato a Padova negli anni duri (ne parla nel dettaglio sul suo blog) ha temprato il mio carattere: le insensatezze e gli arbitrii incontrati nel corso degli studi mi hanno vaccinato contro qualsiasi difficoltà futura. E dico qualsiasi.

Come ti sei avvicinato al mondo della scrittura? Hai frequentato dei corsi?
Ho cominciato con dei raccontini e delle poesie, come tutti. Quindi è arrivata l’attività giornalistica, che mi ha insegnato come riconoscere le notizie e intervistare le persone, come scrivere sinteticamente e con attacchi efficaci. Le esperienze da responsabile della comunicazione mi hanno introdotto al linguaggio aziendale e allo storytelling. Infine, i libri miei: romanzi, pamphlet, guide letterarie e romanzi d’impresa, cioè libri che raccontano in maniera avvincente la storia degli imprenditori e delle loro aziende. Ho imparato sul campo e oggi la mia esperienza mi permette di tenere corsi sulle stesse materie.

Sei giornalista professionista. Come è cambiata la professione negli ultimi anni?
Il cambiamento più significativo, secondo me, è che il giornalismo nei giornali tradizionali ormai è finito, almeno in Italia; oggi le abilità richieste a un giornalista si possono più proficuamente impiegare fuori dalle redazioni.

Ho letto che lavori anche come ghostwriter, quindi esistono davvero! Ci puoi raccontare qualche curiosità sulla tua esperienza professionale?
Il ghostwriter non è nient’altro che uno scrittore per conto terzi; con la differenza, rispetto ad esempio a quanto accade con i libri commissionati, che il suo nome non compare. A me non secca questo anonimato perché la scrittura è una attività che deve essere utile agli altri, non a chi la pratica. Sempre, quando si scrive per altri, la cosa più importante è entrare in sintonia: il diffidente è meno aperto e collaborativo, rendendo il lavoro con lui piuttosto difficoltoso. È poi essenziale capire la psicologia della persona per cui si scrive e saper costruire un linguaggio che, per quanto artificiale, sembri il modo più naturale con cui lei potrebbe esprimersi.

Perché un giornalista specializzato in biografie di imprenditori, sportivi, politici e storytelling si occupa anche di cronache sentimentali?
“Tutte le storie sono storie d’amore” ha scritto Robert McLiam Wilson nel meraviglioso Eureka Street. Il tema massimo e portante della narrazione – dalla biblica Eva alla Elena di Omero – è l’amore. Non potevo esimermene, io che amo le parole sopra a tutto.

A quali condizioni si può vivere di scrittura?
Fin da bambino ho compreso che si può vivere di scrittura a patto di avere un pubblico. A nove anni il mio pubblico era mio nonno paterno che mi dava la mancia quando apprezzava un mio tema scolastico. Ecco, sarà banale, ma la scrittura diventa una professione quando ci si mette al servizio di qualcuno che ha bisogno proprio di quella cosa lì.

Cosa consiglieresti a un giovane che sogna di vivere componendo parole?
Di studiare. Di studiare. Di leggere i migliori. Di scrivere. Di cancellare. Di riscrivere. Di ricancellare. Di provare. Di riprovare. Di non ritenersi mai arrivato.

Se ti è piaciuto il mio blog, non perdiamoci di vista!

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