Economista, ma con un tocco di creatività. Quando ha scelto di iscriversi alla facoltà di Economia a Torino, Serena Campelli sognava di diventare una donna in carriera, tutta tacchi e tailleur, fino a quando una vecchia passione per il lavoro artigianale è tornata a bussare, facendole riscoprire la bellezza di volare sulle ali della fantasia di simpatici e colorati papillons. Dall’intento di coniugare l’ingegno e il saper fare manuale, per creare pezzi unici da collezione, capaci di raccontare una storia nasce sotto la Mole la Maison Diderot. Io mi sono subito innamorata delle sue creazioni e oltre a non aver resistito ad acquistarne una, non ho potuto fare a meno di raccontare la sua storia!
ANNO DI NASCITA: 1986
DIPLOMA: Maturità scientifica
LAUREA: Economia e gestione di Impresa
PROFESSIONE: Libero professionista nel settore della moda e del design
SEGNI PARTICOLARI: energia e passione
SITO INTERNET: www.diderotmaison.com
Una laurea in Economia, un viaggio intorno al mondo alla scoperta dei tessuti, la nascita della Maison Diderot. Potresti raccontarmi il tuo percorso?
“Ho scelto di laurearmi in Economia perché volevo un percorso che fosse in grado di tenere insieme la mia parte creativa e quella razionale, la mia parte umanistica con quella scientifica, la mia voglia di fantasticare con quella di portare a termine progetti e idee in modo concreto. Ho scritto una tesi sulla creatività diffusa e l’innovazione all’interno delle imprese, con particolare attenzione per l’industria tessile. Ho lavorato per un breve periodo in una importane agenzia di pubblicità, ma la passione per i tessuti nata fin da piccola e approfondita durante la tesi mi ha portata a cercare qualcosa in quell’area. Ho scoperto che a Biella esisteva un master nato più di vent’anni fa chiamato “Master delle fibre nobili” ed è stata l’illuminazione. Un anno e qualche mese speso all’interno delle fabbriche e in giro per il mondo per scoprire la filiera tessile, dalla fibra alla commercializzazione del capo finito, passando dal deserto del Gobi in Mongolia insieme ai pastori alle boutique di New york , dalla tintoria alle sartorie napoletante. La nascita del tessuto è qualcosa di speciale, qualcosa che nasce con la storia dell’uomo e non se ne rimane indifferenti”.
Cosa sognavi di diventare da grande quando ti sei iscritta ad Economia?
“Quando mi sono iscritta ad Economia immaginavo di diventare una cosiddetta donna in carriera, con valigetta e tacchi a spillo. Ho capito che quello non era il risultato che volevo, e che quello che stavo studiando mi stava dando spunti completamente diversi rispetto agli stereotipi e che c’erano mondi inesplorati. In più il mondo del lavoro è stato completamente stravolto negli ultimi dieci anni. Quello in cui sono partita non era lo stesso che ho trovato alla fine”.
Quando nasce la passione per l’artigianato?
“Ho sempre lavorato con le mani, fin da piccola. Mi piaceva costruire, disegnare inventare oggetti, ma non avevo mai trovato il materiale giusto da usare e un idea in cui far convergere la mia creatività”.
Come e quando nasce la Maison Diderot?
“La maison Diderot è nata molto tempo fa in un angolino dei sogni, è diventata realtà dopo l’ultimo progetto svolto nell’ambito del master. Tre mesi a Londra nell’organizzazione di eventi di moda. In quei mesi ho realizzato di non essere tagliata per il lavoro “in azienda” e soprattutto per un lavoro solo. Ho realizzato di aver bisogno di esprimermi per stare bene e che questa possibilità raramente viene offerta dall’esterno, ma bisogna crearsela. La crisi in questo senso è stata una benedizione. Se fossero piovuti contratti, per il mio forte senso del dovere, avrei accettato di farmi da parte. La penuria di lavoro e di stipendi decenti mi ha portato a pensare che alla fine, tanto valeva provare a fare qualcosa da soli!”.
Come nasce la scelta di declinare in tutte le sue forme e colori un accessorio come il papillon?
“L’idea del papillon è nata bevendo un caffè in solitudine, a Londra ne avevo visto uno da ragazza su una bancarella e avrei voluto comprarlo… Poi ho pensato che il prodotto era particolare di per se e soprattutto era già conosciuto e aveva personalità sufficiente da comunicarsi da solo, era solo necessario dargli una spolverata e aggiungere un concetto importante. Ho coinvolto amici e parenti in questa idea..e tutt’ora mi danno una mano e sono fondamentali per il sostegno morale e del progetto stesso!”.
Quali sono le principali difficoltà che hai incontrato nella tua attività?
“Le difficoltà principali sono quelle burocratiche, è molto complesso capire come inquadrare la propria attività e soprattutto la cosa più difficile è capire come poter evolvere, è molto difficile fare un percorso graduale, si arriva ad un punto in cui si devono prendere decisioni onerose, economicamente e psicologicamente. Quando si trasforma una passione in lavoro non sempre è facile. Inoltre oltre a Diderot mi occupo di immagine e di ricerca”.
Cambieresti qualcosa del tuo percorso fino ad oggi?
“Non cambierei nulla. Caso mai mi piacerebbe aggiungere qualcosa, mi piace molto studiare e conoscere e non smetterei mai di farlo. Concepisco il percorso come una scala, il punto di vista che posso avere acquisito ora ce l’ho solo perché prima ho fatto delle scelte. Tutto si sostiene sul gradino precedente e certe volte penso non si debba aver paura di scendere un gradino se questo serve a prendere lo slancio per fare gli altri”.
Come vedi il futuro di Diderot?
“Colorato”.
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