Se c’è una cosa che ho imparato in anni di studio è che: le vacanze non sono mai troppe, al massimo sono troppo poche. Questo è stato il mio pensiero di pancia di fronte alle dichiarazioni del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che ha aperto la discussione sulla possibilità di non sprecare i mesi estivi distesi al sole ma di investire in formazione e nell’opportunità di fare le prime esperienze di lavoro. A questo punto non ho potuto fare a meno di pensar male: “Ah sì lavoro, cioè tirocinio formativo, quindi gratuito“. Ma, guardando le conversazioni emerse su Twitter sull’argomento, direi che non sono l’unica ad avere avuto un legittimo sospetto.
Chi lavora sa che nessuna impresa ha interesse a formare (= perdere tempo) una risorsa, con la consapevolezza che dopo un mese ritornerà a studiare. Dopotutto è quello che capita a molti stagisti, anche dopo la laurea. Ed è capitato anche a me. Le prime settimane di stage le ho passate a sostenere un muro, fissando il monitor del computer cercando di contenere l’imbarazzo di fronte all’indifferenza di chi mi stava attorno. Combattuta tra il senso di colpa per il fatto di restare con le mani in mano, ma ancora troppo inesperta per sapere cosa fare. I moniti della politica talvolta si riducono a semplici astrazioni del mondo, che da sempre ha visto studenti di tutte le età cercarsi un lavoretto estivo per necessità o per il desiderio di conquistare un po’ di autonomia. Il tutto lontano dagli occhi dei politici, in panciolla su lussuosi yacht o arenati in qualche spiaggia esotica. Siamo sicuri che in questo scenario il vero problema sia che gli studenti si godano tre mesi di vacanza?
“Chi vuol esser lieto sia, del doman non c’è certezza”
Lorenzo De’ Medici
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